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I miei primi cento giorni: ho imparato molto, sto imparando ancora molto - By Tatiana Coviello, Group Chief People Officer

100 Days_New normal_News

 



Tra imparare e fare nel “new normal”
Il nostro “fare” sta diventando tutto un “imparare”. Stiamo incominciando a fare “il nuovo” e stiamo sprofondando fino al collo nell’imparare, tutti. Ci sprofondiamo come quando camminiamo nella neve fresca, già, perché questo nuovo mondo non ci ha ancora dotati delle ciaspole. Dobbiamo ancora imparare a camminarci sopra. Un nuovo mondo non solo per chi, come me, ha iniziato un nuovo lavoro, ma nuovo per tutti.
C’era infatti un “prima”, dove eravamo abituati alla nostra routine, dove non c’era neve friabile ma terra ferma, dove un sasso lo vedevi, dove la pendenza era certa.
C’era un “prima”, dove sapevamo che se avessimo fatto un determinato passo avremmo ottenuto un determinato risultato. In quel “prima” eravamo abituati a fare le cose in un certo modo, ad avanzare in un certo modo, a fare business in un certo modo. Prendiamo ad esempio il Budget: prendevi le cose dell’anno prima, vedevi come farle meglio, le aggiustavi in base al piano strategico e consegnavi il budget. Quello veniva puntualmente tagliato (ma tanto lo sapevi e te ne facevi una ragione) e in qualche modo vedevi cosa potevi ottimizzare. In fondo, il giro era sempre quello, come una giostra: quella dei cavalli che girano in tondo.

C’era una volta una giostra
Ce n’era una di giostra che mi piaceva un sacco, soprattutto quando ci andavo con mio padre: “calci in culo” veniva chiamata. Avete presente? O siete troppo giovani per averne ricordo?
Non erano a dir la verità dei calci veri e propri, diciamo che erano delle spinte da dietro, erano quelle che ti facevano vincere. Il principio era lo stesso della giostra con i cavalli ma con una sostanziale differenza: la velocità aumentava e man mano che aumentava, le altalene della giostra si alzavano. L’obiettivo era acciuffare una bandierina ma era impossibile farcela da solo: dovevi avere un compagno dietro che al momento giusto ti dava una bella spinta: velocità, tempistica e cooperazione. Ecco cosa ho imparato in questi 100 giorni in TXT.

E c’è adesso la neve: il “new normal”
Perché dopo quel “prima” c’è il “dopo”, o meglio: “l’adesso”, quello che adesso viene chiamato “new normal”. Quello delle ciaspole nel bosco, dove orma da seguire non ne hai, ma hai tutta la neve fresca da segnare davanti a te.
Ed è in questo “new normal” che sono entrata a far parte di un Gruppo che si sta riorganizzando su queste nuove distanze, un Gruppo che sta facendo acquisizioni e sta diventando più grande, un Gruppo fatto di aziende che stanno mettendo a fattore comunque le proprie competenze per tessere trame di valore e per fornire servizi sempre più vicini al bisogno dei clienti: dalla consulenza all’implementazione del software, dal change tecnologico a quello culturale. Sono finiti i 100 giorni, ma non sono semplicemente finiti: sono volati. La super sintesi di tutti i miei 100 giorni la potrei riassumere in questo modo.

1. “The new normal” è un mito. Semplice: cos’è normale? È normale tutto quello che conosciamo, tutto quello che siamo “abituati” a fare o a vedere. La situazione che stiamo vivendo ora non la conosciamo, come io non conoscevo la realtà in cui sarei andata ad operare. E come io non ero abituata ad entrare in Via Frigia, noi tutti non siamo abituati a muoverci in questo nuovo mondo. Eravamo abituati a camminare e adesso ci hanno messo le ciaspole ai piedi. Stiamo ciaspolando in un mondo che si sta riorganizzando e prima che questo “new” diventi “normal”, di chilometri con le ciaspole ne dobbiamo fare ancora molti, le nostre aziende non solo devono riorganizzarsi ma devono trasformare totalmente il proprio business, sulla neve fresca. TXT diventa così Digital enabler per i propri clienti. Le aziende del Gruppo TXT sono come quelle seggioline sulla giostra, ci spingiamo a vicenda per arrivare più in alto, per riuscire a prendere quella benedetta bandierina e impariamo a ciaspolare, insieme creiamo nuove tracce.

2. Angoli stretti. “Tight corners” è una espressione introdotta dal musicista Steve Lacy per un esercizio musicale. Questo esercizio consiste nell’esperire lungamente un limite rimanendo su una serie limitata di note date in cui i valori devono rimanere sempre quelli a fronte di una melodia di fondo che cambia. Questo esercizio forza il musicista a trovare lì, dentro i limiti delle quattro note, l’armonia. È un esercizio che tutte le aziende stanno già facendo, perché obbligati: tutti abbiamo a che fare con dei limiti, tutti abbiamo i nostri “tight corners”: la sfida è tirarne fuori una melodia, in quello che un giorno diventerà davvero “new normal”.

3. Picasso e l’esercizio del blu. Mi sono trovata a muovermi in una situazione piena di limiti: limiti nel poter conoscere le persone personalmente, limiti nel riuscire a creare una nuova struttura organizzativa a distanza e limiti di Budget. Ho riflettuto per la prima volta su cosa significhi stare dentro i “Tight Corner”: spesso pensiamo ai limiti pensando a come superarli piuttosto che a come starci dentro. Eppure, Picasso nel suo Periodo Blu si era dato come limite il colore blu e proprio rimanendo nel limite di quel colore aveva dato prova di sé nell’esplorarne tutte le sfumature e creare tanta bellezza. Forse i limiti tirano fuori il meglio di noi, anche quando ci rimaniamo dentro.

4. La comunicazione è come la cera. Abbiamo migrato la nostra pagina Web su un nuovo CRM. Saremo così in grado di migliorare i processi verso i clienti, avremo metriche migliori che potremo utilizzare e la possibilità di pianificare le campagne di comunicazione sui social media ma adesso arriva il bello: usare nella scrittura dei testi parole efficaci. In questi cento giorni ho imparato che la comunicazione verso il cliente parte da una buona comunicazione interna. I collaboratori sono i primi Ambassador dell’azienda, sono loro la fiamma che può scaldare quella cera e renderla più efficace. Eh già, perché la comunicazione è proprio come la cera, va scaldata per arrivare al cuore di chi legge. E chi può renderla più “human” e più calda se non gli stessi professionisti che lavorano nella tua stessa azienda? Quando parlano loro la comunicazione è autentica, la comunicazione è calda, la comunicazione è human.

5. Quando smetti di ascoltare smetti di imparare. E questo rischio è dietro l’angolo. È il rischio che corri quando sali sulla ruota del criceto, quella del centinaio di e-mail, delle riunioni fiume (chissà che le video conferenze a tal proposito non ci abbiano resi più efficaci), quella che è la ruota del fare senza pensare. Presto finisci per rispondere a chi ancora è nei suoi cento giorni e ti domanda perché fai le cose in un certo modo: “perché si è sempre fatto così”. Aprire occhi e orecchie e alzare lo sguardo di tanto in tanto, anche quando i nostri 100 giorni sono ormai passati, ci fa continuare ad imparare ogni giorno qualcosa, anche nel lavoro che magari facciamo da vent’anni. Nel frattempo, ho deciso di continuare quella che mi piace definire “la catena virtuosa” dell’imparare in azienda partendo da un mio mini video su Instagram. Da qui, a turno i colleghi lanceranno la sfida ad un altro collega che a sua volta racconterà cosa ha imparato negli ultimi mesi in azienda. Il primo a prendere la palla sarà il nostro CIO, Guido Ingenito.

Le sfide dei prossimi 100 giorni, che vale però anche per i prossimi cento mesi:
Cento mesi sarebbero quanti anni? Più di otto, chissà fra otto anni dove sarà il Gruppo TXT, chissà quante aziende faranno parte del nostro Gruppo, chissà quanti professionisti saremo. Una cosa però è certa: la sfida più grande che mi accompagnerà anche in futuro sarà non smettere di imparare dai colleghi, continuare a guardare con stupore e curiosità a quello che mi circonda, a quello che cambia e che si trasforma, senza sprofondare nel fare ma tenendomi le ciaspole ben salde ai piedi ed esplorare così insieme ai colleghi quel “new” che sarà diventato “normal”, forse.